Questa estate mi sono cimentata, per la prima volta, a lavorare a maglia dei calzini; era una cosa che desideravo fare da tempo e, grazie alle lezioni di Giusy, alle sue spiegazioni chiare e semplici, ce l’ho fatta. Ho usato un filato per calzini commerciale della Schachenmayr: volevo capire che tipo di risultato avrei ottenuto in modo poi, da riuscire a trasportare questa esperienza in un filato tutto mio.
Avere chiaro in mente quello che vuoi ottenere da un filato è il primo passo fondamentale per passare poi allo studio.
Prima di iniziare mi pongo sempre qualche domanda, legata sia alle sensazioni che voglio provare indossando il capo finito, sia alla struttura stessa del filato.
Ecco quali domande potresti porti:
Qual è la sensazione che voglio provare indossando un paio di calzini di lana?
Quale tipo di lana riesce a darmi le sensazioni che desidero provare?
Quale tipo di lana mi piace sentire a contatto con la pelle? Ho la pelle sensibile oppure riesco a sopportare lane anche più robuste?
Quali sono le lane che potrei utilizzare a questo scopo?
Quanto deve essere resistente questo filato? E quanto deve essere caldo?
Che struttura deve avere? Deve essere un filato singolo oppure ritorto?
Che tipo di lavorazioni prevede il pattern?
Quale tecnica di filatura posso usare per ottenere il mio filato?
Partire da queste domande e rifletterci un pò ti permette di realizzare esattamente quello che desideri, in base al tipo di modello che scegli di creare.
Nel mio caso sono stata guidata da queste sensazioni:
Calore, resistenza e morbidezza.
Che ho trasformato in una composizione mista tra lana di pecora Massam, baby alpaca e seta.
Tra le fibre che ho, quella che ho trovato più indicata per la sua robustezza è la lana Massam: una lana rustica (ottenuta dall’incrocio di lana di pecora Wensleydale con quella delle Dalesbred o Swaledale) che pizzica un pò; avendo una pelle abbastanza sensibile, ho pensato di aggiungere della lana di baby alpaca per la sua morbidezza e per mitigare la ruvidezza della lana di pecora.
Ma come potevo “ricreare” la resistenza di un filato che contiene una percentuale di poliamide?
Non ho mai avuto una grande simpatia per le fibre sintetiche e da quando ho iniziato a filare la parola chiave per il miei lavori è sempre stata: Natura.
Desidero rispettare la Natura facendo delle scelte consapevoli e mirate rispetto alle fibre che utilizzo e quindi sono sempre alla ricerca di fibre naturali che possano avvicinarsi, in un qualche modo, al risultato che ho in mente, senza snaturarle.
Ovviamente sono soggette al consumo dovuto allo sfregamento, soprattutto in un paio di calzini. E di questa cosa bisogna tenerne conto.
Per cercare di ovviare a questo, ho mescolato la lana di pecora e di baby alpaca alla seta: la seta dona lucentezza e il filato che si ottiene è abbastanza robusto.
Utilizzare fibre 100% naturali ha il vantaggio di darti la possibilità di percepirne il calore, cosa che le fibre sintetiche a me non riescono a darlo: io le ho sempre sentite abbastanza fredde a contatto diretto con la pelle.
Dopo aver scelto le materie prime da utilizzare, sono passata alla struttura del filato.
Giusy, nelle sue lezioni ha previsto la realizzazione di un calzino molto semplice lavorato a maglia rasata.
E qui la scelta è stata molto semplice: quello di cui ho bisogno è un filato ritorto più resistente e adatto allo scopo.
E la tecnica di filatura? Anche quella incide sul risultato finale e, in questo caso, quella che più si addice è senza dubbio quella dello “Short Draw” ( o per come l’ho tradotta io, la tecnica del tiraggio corto) per ottenere un filato Worsted.
Questo è come mi approccio alla creazione di un filato per un determinato progetto che voglio realizzare.
Spero tu non ti sia spaventata da tutti questi passaggi, so che può sembrare un pò complicato all’inizio, ma se ti abitui da subito a fare determinati ragionamenti, prima di iniziare a filare, vedrai che nel momento in cui ti siederai davanti al tuo filatoio, avrai la certezza e la sicurezza di riuscire a creare il tuo filato proprio come lo desideri.
Da questo mio modo di studiare il filato è nata una piccola sorpresa per avere sempre a disposizione un promemoria dei filati che crei.
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